La responsabilità dell’anestesista nella fase post operatoria

La responsabilità dell’anestesista nella fase post operatoria
08 Marzo 2017: La responsabilità dell’anestesista nella fase post operatoria 08 Marzo 2017

Chiunque svolga una professione sanitaria è tenuto all’osservanza delle “linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica” nazionale ed internazionale. Nel nostro Paese questo è divenuto un obbligo normativamente prescritto dall’art. 3 della Legge 8 novembre 2012 n. 189 (cd. Legge Balduzzi). La norma prevede che l’aver osservato le linee guida, unitamente all’assenza di una colpa grave, escluda la responsabilità penale del medico. Proprio per questo motivo, di recente la Cassazione penale, con sentenza n. 8080 del 22.11.2016 – 20.02.2017, ha annullato la condanna di un medico anestesista. In particolare, nel caso affrontato dai Giudici di Piazza Cavour, due sanitari - un medico anestesista ed un infermiere professionale - erano stati condannati in primo ed in secondo grado per lesioni colpose nei confronti di un paziente, per non aver ottemperato all’obbligo di vigilanza nel periodo immediatamente successivo ad un’operazione chirurgica alla quale questi era stato sottoposto. Il paziente, infatti, nella fase post operatoria, aveva subito una serie di complicazioni che gli avevano provocato lesioni gravissime, con successivo stato di coma. Entrambi gli imputati erano ricorsi alla Suprema Corte, evidenziando come, affinché possa ritenersi provata la penale responsabilità del sanitario, sia necessaria “una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato definito dalle standardizzate regole dell’azione” (cfr., tra le altre, Cass. Pen., Sez. IV, sent. 29 gennaio 2013 n. 16327). Il Supremo Consesso, in parziale accoglimento dei ricorsi, ha rilevato come effettivamente vi fosse stato un errore di valutazione nei precedenti gradi di giudizio, derivante dall’ingiusta parificazione degli obblighi di vigilanza in capo al medico rispetto a quelli in capo all’infermiere. Al primo, infatti, è affidata la “fase di risveglio”, ove vengono ripristinati, a seguito dell’intervento, i parametri vitali del paziente; al secondo, invece, compete la “fase di recupero” che implica la sorveglianza nel periodo post operatorio ed il controllo dell’evoluzione generale della situazione. Posta, pertanto, la diversità delle due fasi, la Corte ha poi evidenziato come, nel caso concreto, la responsabilità fosse da rinvenirsi esclusivamente nella condotta dell’infermiere, il quale, con colpa grave violando le prescrizioni dei protocolli e dalle linee guida operanti nel settore, si era arbitrariamente allontanato dalla sala operatoria, nella quale il paziente si trovava in “fase di recupero”. Nessuna responsabilità, invece, era addebitabile al medico anestesista che aveva assistito il paziente in piena osservanza dei suddetti protocolli e linee guida nella “fase di risveglio”. In tale occasione, quindi, la Corte di Cassazione ha ricordato che “In tema di responsabilità medica, dopo la legge Balduzzi, le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l'esercente le professioni sanitarie e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive non fondate su errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle situazioni concrete”. La citata sentenza, ha ribadito come, sotto il profilo penalistico, la responsabilità sanitaria è rinvenibile quando sia accertata la violazione, per colpa grave, dei protocolli e delle linea guida accreditate dalla comunità scientifica. Si evidenzia, però, come in questo settore sia intervenuta la recentissima “Legge Gelli”, approvata dal Parlamento il 28.02.2017 e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. In base a tale normativa – che introdurrà nel codice penale il nuovo art. 590 sexies - non si distinguerà più tra colpa lieve e colpa grave, perché la responsabilità medica sarà ravvisabile nei casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia provocato la lesione personale del paziente (ovvero la morte) a causa di imprudenza o negligenza (o, ancora, dolo). Al contrario, qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità sarà esclusa quando risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida - che dovranno essere recepite in un apposito elenco, approvato con Decreto ministeriale - ovvero, in mancanza di queste, dalle buone pratiche clinico – assistenziali (e sempre che le raccomandazioni così previste risultino adeguate alle specificità del caso concreto).

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